Non ci si puntava davvero e lo si è visto. La formazione di Conte ha spazzato via tutti i dubbi sulla percezione della Coppa Italia per quest’anno: è un Napoli pensato per una singola partita settimanale.
Un Napoli ampiamente sperimentale non poteva che soffrire una squadra già molto abituata alle rotazioni. Dovendo difendere più bassi, visti i due centrali molto statici, era prevedibile che il club azzurro attirasse gli avversari nella sua metà campo per poi provare a uscire come possibile. Subire con consapevolezza non vuol dire però farsi schiacciare, cosa che il Napoli ha fatto, prima rischiando e poi subendo 2 volte. Nel mezzo, un paio di reazioni in cui sono bastati pochissimi minuti di convinzione per creare qualcosa di valido e concreto. Segnale che, evidentemente, con un approccio mentale diverso, diciamo “da campionato” (a buon intenditor, poche parole), la partita poteva essere sin da subito ben diversa. Troppe le difficoltà in uscita palla e in gestione. Alla Lazio è bastata la profondità costante e qualche schema ben orchestrato sui piazzati.
Ma per molti motivi, questa sarà – più delle altre – una sconfitta salutare. Che, probabilmente, arriva nel momento giusto per punzecchiare orgoglio e certezze. L’impressione è che bastasse poco di più, come testimoniato dall’ingresso dei soliti noti. Ma un dato emerge, costante: quando il Napoli perde, lo fa male. E le caratteristiche di alcuni rincalzi, dall’inizio, non favoriscono il loro inserimento come titolari.
Una sconfitta utile, con molti appigli, qualche tema e propedeutica a una rivincita. Realismo alla mano, una caduta che servirà più di altre precedenti.