Il Napoli ha vinto lo scudetto 2024-25 senza indebitarsi, con il quinto monte stipendi della Serie A e una gestione finanziaria che resta un unicum nel panorama calcistico italiano. Davanti in classifica a Inter, Juventus, Milan e Roma, ma dietro sul fronte dei salari: è la dimostrazione di come sostenibilità e risultati sportivi possano convivere.
Come sottolinea La Gazzetta dello Sport, la società azzurra ha speso meno per gli ingaggi dei tesserati rispetto alle grandi rivali. Secondo le stime aggiornate, il costo lordo degli stipendi è stato di 105 milioni di euro, contro i 200 milioni di Inter e Juventus, i 165 del Milan e i 160 della Roma. Anche l’Atalanta si attesta sullo stesso livello dei partenopei, ma con obiettivi e ambizioni differenti. Il trionfo napoletano è dunque anche una vittoria del bilancio, in un campionato in cui spesso chi spende di più non è detto che vinca.
Ingaggi contenuti, investimenti mirati
La rosa 2024-25 è costata 150 milioni in cartellini, cifra seconda solo alla Juventus. Tuttavia, il costo del personale è rimasto sotto controllo: a fronte di nuove entrate come Lukaku (6 milioni netti), Lobotka (3,5), Politano e Di Lorenzo (3,2), Neres e McTominay (3), il club ha compensato con cessioni e fine contratti. Tra queste, pesantissima quella di Osimhen, girato in prestito in estate prima della sua cessione definitiva prevista con una clausola da 75 milioni per l’estero.
A confronto, le big spendono molto di più: alla Juventus Vlahovic percepisce 10,5 milioni, all’Inter Lautaro 9, e così via. Il Napoli è riuscito a mantenere un tetto salariale compatibile con i suoi conti, senza perdere competitività.
Un modello virtuoso da vent’anni
Aurelio De Laurentiis ha dimostrato per l’ennesima volta la solidità del progetto Napoli, impostato su rigore finanziario, valorizzazione dei talenti e investimenti selettivi. Dal 2004, anno in cui rilevò il club dalla curatela fallimentare, il Napoli ha ottenuto due scudetti, tre Coppe Italia e una Supercoppa, partecipando regolarmente alle competizioni europee e mantenendo un utile aggregato di 141 milioni di euro.
Durante l’emergenza Covid, quando gran parte del calcio italiano arrancava, il Napoli non ha avuto bisogno dell’apporto dell’azionista e non ha nemmeno attinto al prestito bancario da 52 milioni. I numeri degli ultimi esercizi lo confermano: 80 milioni di profitti nel 2022-23 e 63 nel 2023-24, grazie anche a 73 milioni derivanti dal player trading e a un costante sviluppo del settore commerciale.
Un club solido, anche senza Champions
La mancata qualificazione alle coppe nella passata stagione è stata assorbita senza traumi, grazie a un patrimonio netto di 212 milioni e liquidità per 211 milioni al 30 giugno 2024. Un “tesoretto” che ha permesso alla società di reggere l’aumento dei costi per l’arrivo di Antonio Conte e le spese per il mercato, restando in equilibrio.
La cessione di Kvaratskhelia al PSG per 70 milioni ha contribuito a riequilibrare il bilancio 2024-25. Ora, con il nuovo scudetto cucito sul petto e il ritorno in Champions, il club si prepara a incassare maggiori introiti dai diritti TV e a valutare nuove cessioni importanti, su tutte quella di Osimhen, per mantenere inalterato il proprio equilibrio.
Una lezione per il calcio italiano
Il Napoli è l’unico club della Serie A ad aver vinto due scudetti in tre stagioni con i conti in ordine. Ha battuto le big anche fuori dal campo, dimostrando che non servono ingaggi monstre per essere vincenti, ma programmazione, disciplina e idee chiare. Un modello replicabile? Difficile dirlo. Ma intanto il Napoli è di nuovo sul tetto d’Italia, spendendo meno e vincendo di più.