Tra cartonati gettati nell’immondizia e pareri divisivi sui social, il processo di revisionismo storico su Khvicha Kvaratskhelia non solo è già iniziato da un pezzo ma è ormai arrivato persino al suo culmine, visto l’addio del georgiano in direzione Parigi. Abbiamo già parlato tanto del tema, analizzando numeri, dati, statistiche, motivazioni, strategie. Qualcuno sta facendo già finta di dimenticare in fretta, altri si prodigano nel fare gli gnorri, i più sentimentali portano avanti la retorica dell’amore tradito.

Ma dobbiamo metterci bene in testa una cosa: Kvaratskhelia, così come tanti altri prima di lui (da Ferrara a Higuain, passando per Cavani e Osimhen), non è un traditore. Si tratta di calciatori professionisti che, giustamente, pensano ai loro interessi e al loro lavoro. La maggior parte di loro non sono nati qui, possono imparare a conoscere e apprezzare le nostre usanze ma hanno una loro testa e persone pronte a dare consigli (giusti o sbagliati, non entriamo nel merito perché non è questo il punto). La visione affettiva del calcio è ormai anacronistica, per quanto sia passionale e romantico vivere lo sport anche in questa maniera.

Inoltre, al di là del fatto di aver regalato sogni, realtà e trofei ai tifosi, Kvaratskhelia porterà anche un bel po’ di milioni (pronti per essere immediatamente reinvestiti, si spera e si presume) nelle casse del Napoli. Il calcio è così. Non ci sono traditori ma interessi, soldi e finalità. Non lo scopriamo adesso e, di certo, opponendoci a questo, non ne cambieremo la struttura. Piuttosto che rinnegare, sarebbe bellissimo – invece – ricordare. E valorizzare tutti i bei momenti di queste annate.