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Insigne, come si è arrivati a tutto questo? Il possibile addio tra certezze e dubbi

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Insigne, come si è arrivati a tutto questo? Il possibile addio tra certezze e dubbi

Mai come a Napoli, quando si parla di sport, la teoria del nemo propheta in patria prende sempre maggiormente corpo, tra allusioni (e illusioni), fischi, ovazioni, ingiurie e lacrime d’amore. Lorenzo Insigne, da quando del Napoli è diventato un pezzo di storia, da sempre sembra esposto a questo concetto. Come altri prima di lui (basti pensare, per esempio, ai Cannavaro bros o a Taglialatela), il cordone ombelicale con la città non sembra essersi staccato. Eppure, come amanti traditi, i tifosi partenopei spesso voltano momentaneamente le spalle a chi reputano fautore dell’abbandono.

La prospettiva di Insigne al Toronto, ne siamo sicuri, in realtà non esalta nessuno. Forse – al di là dell’ovvio riconoscimento economico, che sarebbe pesantissimo e che darebbe a Insigne la possibilità di mettere a posto la famiglia per decadi – nemmno lo stesso calciatore è così preso dall’idea di tentare un’avventura tra America e Canada. Lì, lo sa bene anche lui (così come chiunque sia coinvolto nella trattativa), di fatto il calcio come lo conosciamo finisce. Inizia qualcosa che assomiglia più a uno show televisivo, che mostra connotati di enorme spettacolarità ma anche di pochezza tecnico-tattica.

Meglio di altri campionati che hanno provato a trovare il loro posto nel mondo, la MLS ha saputo mettere in piedi un tendone con tantissimi interpreti incredibili, sfoggiati però per lo può a fine carriera, salvo rare eccezioni. Lampard, Pirlo, Ibrahimovic, Nesta, Di Vaio, David Villa, Kakà, Beckham sono solo alcuni dei grandi campioni che – perdonateci il termine – sono andati a “svernare” in America. Al pari invece di altre nuove realtà (un esempio su tutte: quella indiana) la MLS non ha saputo tenere fede all’hype inizialmente generato. Mantenendo sì una concenzione internazionale ma in tono decisamente minore rispetto ai campionati europei.

Di conseguenza, per Insigne andare a Toronto significherebbe avere un’interfaccia con alcuni eventi non da poco. Smettere di giocare in un calcio che conta, già detto. Di fatto, uscire dal radar della Nazionale italiana, poiché sarebbe impossibile continuare a considerare un giocatore che, pur essendo piccolo, rispetto ad altri si mostrerebbe come un gigante. Da non sottovalutare, infine: andare via da Napoli, la città che lo ha cullato sin da giovane e in cui, di fatto, ha realizzato alcune delle migliori cose fatte in carriera.

Una questione di scelte

Se la componente economica non può che fare gola, dall’altro l’attaccamento a maglia e città di Insigne è sempre stato evidente. Un attaccamento che, invece, non sembra essere ricambiato (nei suoi confronti) da parte di una proprietà azzurra che ha messo in chiaro già dalla scorsa estate un inevitabile progetto di ridimensionamento del tetto salariale, a causa del COVID-19 e soprattutto delle mancate qualificazioni in Champions League. “O alle nostre condizioni o nulla”, sembra questo l’adagio proposto in un immaginario dialogo tra le parti. L’impressione è che Insigne voglia effettivamente restare a Napoli. Ma anche che, tra pochissimo tempo, sarà “costretto” a cercare un’altra sistemazione.

Pur essendo ben chiara la situazione, sono in molti a Napoli tra i tifosi – o tra chi si professa tale – a considerare Insigne già un mercenario, a pretendere (in maniera molto drastica e anche poco realistica) che un lavoratore si dimezzi l’ingaggio pur di restare nel club che ama, a dispetto di prestazioni in campo che da un anno a questa parte sono rimaste quasi sempre di alto livello. In tutto questo, ovviamente l’agente fa il suo lavoro, cercando di proporre il giocatore anche soltanto per sperare in una reazione d’orgoglio del club di cui è capitano.

Un contesto a cui si è arrivati in maniera discendente ma anche abbastanza chiara. Sin dai primi mesi del 2021 era chiaro che il rinnovo di Insigne non sarebbe stata cosa facile. Dopo l’Europeo, inoltre, le varie dichiarazioni di un De Laurentiis non intenzionato a fare passi indietro avrebbero poi certificato la realtà dei fatti. Cioè quella di un Insigne ritenuto dal Napoli non più indispensabile. Anche per via di un ricambio generazionale che sta portando ormai alla fine di un ciclo.

A chi conviene questo addio?

Del resto, però, anche la posizione di Insigne non è così solida come si possa credere. Di fatto, al di là della proposta milionaria dal Toronto, offerte concrete per il ragazzo attualmente non esistono. Certo, club come l’Inter hanno manifestato un sensibile interesse, così come anche qualche squadra dalla Premier League. Ma, con la prospettiva di prendere Insigne a parametro zero a luglio, chi mai inizierebbe a trattare adesso? E, soprattutto: c’è davvero bisogno di Insigne in un top club, oggi? Non di Insigne in sè, sia chiaro. Ma di un giocatore con ingaggio da almeno 4,5-5 milioni e ormai sulla trentina, s’intende. E lo stesso Insigne ha davvero bisogno di dimostrare il suo valore al di fuori dell’unica piazza in cui abbia senso vederlo giocare?

I silenzi, il non detto, il troppo attendismo. Ma anche forse una fiducia eccessiva nell’affetto tra le parti. Queste le tematiche di un rinnovo che, mai come oggi, risulta essere lontanissimo per Insigne. Che però, a fare dei conti, l’unica vera opzione di addio ce l’ha dall’altra parte del mondo. Una sfida economicamente da jackpot ma sportivamente non appagante. Resta da capire cosa sia più importante. Intanto Insigne, come altri prima di lui, ricalca la retorica di capitano (e napoletano) mai del tutto amato. E la polarizzante macchina del fango si è ormai già messa in moto.

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