Al di là della sentenza che lo ha scagionato da ogni accusa, Francesco Acerbi sa che la chiusura della querelle sulle presunte farsi razziste rivolte a Juan Jesus è ben lontana dall’essere risolta, ma dopo avere osservato quanto accadeva è voluto intervenire in prima persona per dire la sua su una vicenda brutta e che, di fatto, non ha vincitori ma solo sconfitti: “Sono triste e dispiaciuto: è una vicenda in cui abbiamo perso tutti. Quando sono stato assolto, ho visto le persone attorno a me reagire come se fossi uscito dopo dieci anni di galera“.
Acerbi torna a parlare dopo la sentenza sul caso Juan Jesus
“I miei compagni mi conoscono bene e sanno che uomo sono Perché parlo solo ora perché avevo fiducia nella giustizia e non volevo rischiare di alimentare un polverone che era già enorme. Adesso che c’è una sentenza, vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario perché sono molto dispiaciuto anche per lui – ha detto Acerbi in un’intervista al Corriere della Sera -. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto. Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno. Non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista. Il mio idolo era George Weah e quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona. Il tumore in confronto è stata una passeggiata, non ho avuto paura. Invece l’accanimento atroce che ho visto nei miei confronti in questi giorni mi ha ferito. Tutti avevano già emesso la sentenza prima ancora che uscisse. E per tanti sono razzista anche adesso: sinceramente non ci sto, le gogne mediatiche non vanno bene e soprattutto non servono per risolvere un problema come quello del razzismo che sicuramente esiste. E che non intendo sminuire nemmeno un po’: voglio che sia chiaro“.